INTRODUZIONE
Il rapporto di Dante con la cultura inglese costituisce da sempre oggetto privilegiato d’indagine, poiché la ricezione dell’opera dantesca ha giocato un ruolo rilevante nella creazione stessa della tradizione culturale inglese (Havely 2014). La storia di questa ricezione è costellata di figure di mediatori molto note, come nel caso di Chaucer, Milton, Foscolo o Coleridge, ma anche di personalità meno conosciute le quali, in epoche storiche e contesti culturali diversi, hanno pazientemente cercato il modo di far acclimatare la terzina dantesca in seno alla poesia inglese.
La notevole mole di figure e di testi, oltre all’ampiezza temporale e alla varietà dei luoghi interessati da questa specifica dislocazione culturale, ha reso fondamentale la selezione, innanzitutto cronologica: la banca dati si focalizza infatti sul periodo romantico, eleggendo a data simbolo il 1802, anno in cui venne pubblicata la prima traduzione integrale della Commedia a opera di Henry Boyd. Il XIX secolo si candida, dunque, a golden age del dantismo britannico, grazie anche all’apporto decisivo dell’altra traduzione completa del poema dantesco, portata a compimento da Henry Cary, The Vision; or Hell, Purgatory and Paradise of Dante Alighieri, la cui prima edizione uscì nel 1814 (Crisafulli 2003; Braida 2004).
Se è vero che la cronologia delle traduzioni costituisce il filo conduttore più immediato per un lettore interessato al tema della persistenza e della diffusione della lezione dantesca in Inghilterra, è altrettanto vero che la storia della ricezione culturale del poeta fiorentino nell’altrove artistico e letterario delle Isole britanniche è costellata da una miriade di altri mediatori (Burke 2005), di “ambasciatori culturali” che, guidati molto spesso da passioni idiosincratiche, si cimentarono in vario modo nella divulgazione delle opere di Dante. In particolare, la creazione del mito dantesco nel periodo romantico segue una fittissima rete di connessioni tra poeti, prosatori, traduttori, pittori e critici.
La banca dati non intende presentarsi al fruitore come una summa esaustiva di figure e testi, bensì come un serbatoio all’interno del quale lo specialista, il giovane studioso, lo studente o il semplice curioso possano costruire il proprio percorso personale, o semplicemente reperire agilmente informazioni e documenti.
Ogni singola scheda è finalizzata non a una presentazione globale dell’autore, ma a una ben più circostanziata ricognizione del suo ruolo di mediatore culturale attraverso l’evidenziazione di specifici collegamenti con l’opera di Dante, opportunamente commentati e corredati da brani tratti dalle opere in cui i rimandi alla Commedia sono più evidenti. Perseguendo un criterio volto ad evitare l’immediata obsolescenza, la bibliografia di ogni scheda è limitata a testi di riferimento generale e tende ad escludere studi più circoscritti, se non esplicitamente citati. In alcuni casi, comunque, la lettura in chiave ‘dantesca’ dell’autore risulta essere sostanzialmente inedita e, per forza di cose (almeno negli esempi scelti), di natura descrittiva. Così strutturate, le schede forniscono un canale di accesso semplificato e intuitivo a documenti di vario genere, che difficilmente si trovano riuniti in un singolo luogo.
La natura collaborativa della banca dati, inoltre, lascia aperta la possibilità di una sua continua implementazione, prefiggendosi non tanto una completezza difficile da raggiungere e rischiosa da perseguire, quanto la creazione di un’impalcatura generale da arricchire costantemente con nuovi contributi.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Braida A., 2004. Dante and the Romantics, Houndmills: Palgrave Macmillan.
Burke P., 2005. “The Renaissance Translator as Go-Between”, in Renaissance Go-Betweens: Cultural Exchange in Early Modern Europe, ed. A. Höfele and W. von Koppenfels, Berlin and New York: De Gruyter, 17-31.
Crisafulli E., 2003. The Vision of Dante: Cary’s Translation of The Divine Comedy, Leicester: Troubador.
Havely N., 2014. Dante’s British Public: Readers and Texts, from the Fourteenth Century to the Present, Oxford: OUP.