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Descrizione: A Clément l’Averdy spetta il merito di aver proseguito e rinnovato la storiografia sulla Pulzella con la sua approfondita ricerca sui manoscritti degli atti processuali, un’indagine che si era resa necessaria nella misura in cui la maggior parte delle opere dedicate a Giovanna d’Arco non soltanto erano basate appena in parte sulle fonti originali, ma tendevano a riunire le informazioni ricavate da entrambi i processi. L’Avérdy sceglie invece di esaminare separatamente i due verbali, come l’imparzialità della critica e della storia richiedevano, e suddivide la sua opera in quattro parti. Nella prima, lo storico riassume le fasi che precedono il processo di condanna, ossia le trattative dell’Università di Parigi per fare in modo che la Pulzella fosse consegnata al vescovo di Beauvais affinché potesse essere opportunamente esaminata in materia di fede; mentre il ruolo svolto dall’Inquisizione, il contenuto degli interrogatori, il modo in cui Giovanna aveva affrontato le varie sedute e quanto era accaduto fino al giorno in cui venne formulata la requisitoria dal promotore del processo sono invece i principali argomenti trattati nella seconda. In merito a questi ultimi, egli nota la totale mancanza di ordine e di collegamento tra le trecento pagine che compongono il manoscritto, il che, a suo avviso, aveva reso più facile ai giudici ridurre a dodici i settanta articoli della requisitoria. Nella terza parte, lo storico prende quindi in esame le fasi del processo che avevano poi condotto Giovanna all’abiura, mettendo in evidenza che i dodici articoli, dei quali riporta il contenuto sia in latino che in francese, non erano stati approvati dalla totalità dei giudici. Oltre ad aggiungere le osservazioni sugli articoli enunciate dall’Università di Parigi, l’Avérdy riproduce anche il testo dell’abiura, facendo notare che quella sottoscritta da Giovanna era più corta rispetto al testo ufficiale da lui citato. La sua inchiesta prosegue con un dettagliato resoconto sugli eventi che hanno preceduto l’esecuzione della Pulzella, cui aggiunge le lettere inviate da Enrico VI ai principi e ai prelati della cristianità e l’elenco dei giudici preposti al processo, e con una serie di riflessioni sulla condotta tenuta da Carlo dopo che Giovanna era stata catturata. Secondo l’Avérdy, benché molti avessero criticato il suo comportamento, dovuto o all’indifferenza per la sorte della sua paladina o all’incapacità di adoperarsi per il suo riscatto, Carlo non poté in realtà fare niente per riscattare Giovanna: dal momento in cui era caduta nelle mani degli inglesi, ella era passata sotto il totale controllo del re d’Inghilterra, il quale non avrebbe certo avuto alcun interesse a restituirla ai francesi, senza contare il fatto che neppure chi l’aveva catturata non poteva disporne liberamente. Di fatto, l’accusa di stregoneria le aveva tolto i diritti di cui potevano beneficiare i prigionieri di guerra, tra i quali vi era anche la possibilità di essere riscattata. Riconsegnare Giovanna ai francesi significava inoltre restituire loro la possibilità di portare a termine la riconquista della Francia. L’analisi di l’Avérdy si chiude con una serie di notizie storico critiche sui ventotto manoscritti contenenti i due processi; un esame delle minute francesi, del processo di revisione, delle deposizioni dei testimoni e del resoconto dell’inchiesta condotta al paese natale della Pulzella. Non manca un’attenta riflessione sui giudici del processo di revisione, l’analisi del trattato di Gerson in favore di Giovanna d’Arco e una relazione sulle ricerche condotte a Rouen sul luogo del supplizio.

Autore: Clément l’Avérdy (1724-1793)

Datazione: 1790

Ed. moderne: Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque du roi, Lûs au Comité étabili par Sa Majeʃté dans l’Académie royale des Inʃcriptions & Belles-Lettres. Tome Troiʃième. A Paris, de l’Imprimerie Royale, 1790.
https://books.google.fr/books?id=079CAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

Nazione: Francia