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Descrizione: Diversamente dalla prima edizione dell’opera, questa versione del poema dedicato all’eroina di Francia riduce drasticamente l’apparato visionario e gli elementi sovrannaturali che l’avevano caratterizzata. Southey decide di fare a meno della Preternatural Agency di Coleridge, mentre il nono canto viene spostato alla fine del poema come una storia a sé stante, a sua volta suddivisa in tre canti, e con un suo titolo, The Vision of the Maid of Orléans. Inoltre, Southey riscrive quasi interamente l’inizio e cerca di attenersi il più possibile alle testimonianze storiche del tempo, corredando ogni canto di un corposo apparato di note al testo per dimostrare la validità dei suoi contenuti. Ciò comporta anche un diverso modo di concepire l’ispirazione di Giovanna d’Arco, la quale agisce adesso seguendo esclusivamente gli impulse della sua mente e della sua più intima ispirazione, senza che vi siano angeli e demoni per innalzarla al di sopra del genere umano o divinità che le infondano coraggio. Nonostante questo, Southey non potrà mai fare interamente a meno del sovrannaturale e ogni elemento mistico, trascendente e spirituale della prima edizione continua ad essere presente nella misura in cui possa rivelarsi un’esperienza plausibile in relazione alle circostanze e alla disposizione della protagonista.
La vicenda, così rivista e corretta, ha inizio questa volta a Vaucouleurs, dove si trovano Dunois, il Bastardo d’Orléans, e Robert de Baudricourt, disperato per le sorti della Francia. Quest’ultimo riceve la visita del suo vassallo Claude, che lo prega di ascoltare la nipote. Southey ci presenta subito una creatura più divina che terrena, molto simile alla protagonista della prima edizione, e anche le parole di protesta da lei pronunciate di fronte a Baudricourt, che non esita a definirla malata e posseduta, testimoniano ancora un diretto e personale rapporto con l’assoluto. Giovanna riesce così a persuadere i suoi interlocutori, tanto che Dunois si offre di scortarla dal Delfino a Chinon, chiedendole però di raccontare la storia della sua celesta chiamata, qui diversa, per molti aspetti, da quella descritta nella prima edizione. Southey elimina innanzitutto la storia della bambina orfana allevata dall’eremita e si orienta verso una maggiore fedeltà alla verità storica, ripristinando la figura della pastorella di Domrémy cresciuta tuttavia senza affetto da genitori severi e insensibili. Lo zio Claudio sembra sostituire felicemente Bizardo e colmare, con la sua tenerezza, il vuoto affettivo causato dai genitori. Pressoché invariato resta invece il background naturalistico e pastorale in mezzo al quale Giovanna trascorre gli anni più lieti della sua infanzia, turbato ben presto della notizia della morte in guerra del marito dell’amica d’infanzia Madelon. Ma è ancora una volta Conrade a farla scontrare brutalmente con gli orrori della guerra e, come nella versione precedente, a dare inizio al travaglio spirituale di Giovanna, che la porta a vagare in solitudine nei boschi, ad ascoltare le voci nel vento e a scorgere strane forme nell’aria del crepuscolo, in attesa sua epifania. Southey cerca comunque di attenuare il misticismo anarchico della versione del 1756 e inserisce la fase iniziale dell’ispirazione di Giovanna in un contesto decisamente più canonico: davanti ai dottori di Poitiers, la Pulzella fornisce per la prima volta una descrizione delle sue visioni, che si manifestano in una piccola cappella abbandonata dove si era rifugiata con il suo gregge durante un temporale. Che si tratti di un sogno o di una visione realmente percepita da Giovanna, la straordinaria apparizione di Sant’Agnese si verifica dopo che lei si era raccolta in preghiera davanti al crocifisso. Inoltre, anche la Santa sembra indicare la croce e l’altare, dettagli significativi e determinanti per garantire l’ortodossia dell’evento.
Il seguito dell’interrogatorio riprende invece il contrasto tra la religiosità più austera e dogmatica dei teologi e la libera spiritualità di Giovanna, completamente immersa in una Natura che le aveva insegnato ad amare Dio, anziché temerlo. Ciò induce i giudici a credere che Giovanna sia un’eretica, ma la comparsa di una fiamma che rivela dove sono nascoste le armi a lei destinate pone fine a ogni contrasto. A corte, intanto, sopraggiunge Conrade, il quale accusa Agnès Sorel di averlo tradito per amore di Carlo, mentre alla Pulzella lo rimprovera di aver lasciato la tranquillità del suo paese natale per servire, come lui, una corte corrotta. La mente di Giovanna corre allora a Domrémy, ai ricordi della sua infanzia, per poi annunciare infine di aver veduto in una visione l’immagine di una donna legata a un rogo in fiamme, nella quale ha riconosciuto se stessa. Sopraggiunge infine Théodore, amico devoto e innamorato, pronto a seguirla nella sua missione, ma Giovanna lo invita inutilmente a tornare dall’anziana madre. La Pulzella si dirige quindi verso Orléans insieme alle truppe e invia un messaggero dagli inglesi per esortarli a fare ritorno al loro paese. Il messaggero resta inascoltato e i francesi sferrano il loro primo attacco, che si conclude con la sconfitta degli avversari. Ad esso seguono altri scontri, durante i quali Théodore, Glasdale e Salisbury restano uccisi, mentre i francesi continuano a conquistare le varie fortezze in mano agli inglesi, fino alla loro definitiva sconfitta. Giovanna invoca comunque pietà per i soldati fatti prigionieri, mentre a Orléans si festeggia intanto la fine dell’assedio, nel ricordo di chi, invece, aveva perso la vita. Dopo i funerali di Théodore, morto nel corso di una battaglia, la Pulzella si incontra con il duca di Borgogna e uccide Franquet d’Arras. Talbot attacca infine i francesi a Patay e muore durante uno scontro per mano di Conrade, che poi perde la vita; il figlio del capitano inglese, invece, viene ucciso da Giovanna. La vicenda si conclude con la resa di tutte le città francesi e l’incoronazione di Carlo a Reims, tralasciando quindi la parte più drammatica della storia di Giovanna d’Arco, il momento in cui si consuma la toccante agonia del suo martirio, una scelta che non risparmierà pungenti critiche all’autore.
Nella prima edizione, Giovanna consacra il Delfino “Chief Servant of the People”(R. Southey, Joan of Arc,  1796, p. 407, v. 71) e, in quanto tale, lo esorta al servizio ancora prima che al comando, cosa che implica governare con giustizia provvedendo alle necessità del suo popolo. Nell’edizione del 1837, Giovanna consacra invece Carlo “King over this great nation” (R. Southey, Joan of Arc, 1841 -ed. del 1837- p. 189) e non più primo servo del popolo, secondo una prospettiva decisamente più conservatrice. In entrambi i casi, la Pulzella esprime il suo ammonimento al re, il quale dovrà rendere conto a Dio del suo operato, e al popolo, Dio, chiamato sia a temere Dio che a onorare il suo sovrano. Manca invece l’esortazione a prendersi cura dei più deboli che nella prima edizione l’eroina rivolge a Carlo, qui efficacemente sintetizzata da un invito dal contenuto pressoché analogo, anche se meno incisivo: Giovanna consiglia il sovrano a governare il suo regno con giustizia e ad astenersi dal vizio, affinché il suo trono non debba più essere scosso da nemici e da invasori stranieri.

Autore: Robert Southey (1774-1843)

Datazione: 1798

Ed. moderne: Joan of Arc, Ballads, Lyrics and Minor Poems by Robert Southey, With Illustrations by Sir John Gilbert, R.A., London, George Routledge and Sons, New York, 1858. http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015004280569;view=1up;seq=11

Joan of Arc, Ballads, Lyrics and Minor Poems by Robert Southey, With Illustrations by Sir John Gilbert,
R.A., London, George Routledge and Sons, Brodway, New York, 1866.
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc2.ark:/13960/t7qn69d3m;view=1up;seq=5

Joan of Arc, Ballads, Lyrics and Minor Poems by Robert Southey, London, George Routledge and Sons, Limited, Brodway, Manchester and New York, 1894.
https://archive.org/details/joanofarcballads00sout

Joan of Arc. A Poem. By Robert Southey, Esq. A New Edition
. London: Printed for Longman, Orme, Green And Lomgmans. 1841. (ed. del 1837).
https://books.google.it/books?id=TPRAhDvWDrwC&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

Commento: C.C. Barfoot, “Une révision de la Pucelle: la Jeanne d’Arc du «renégat» Southey”, in Jeanne d’Arc entre les nations. Études réunies par Hoenselaars et Jelle Koopmans, CRIN 33 1998, Rodopi, Amsterdam-Atlanta 1998, pp. 77-101.

Pratt, Lynda. "Coleridge, Wordsworth, and 'Joan of Arc.' (Samuel Taylor Coleridge and William Wordsworth's criticism of Robert Southey)." Notes and Queries 41.3 (1994): 335+. Academic OneFile.

Smith, Christopher J. P., A Quest for Home: Reading Robert Southey, Liverpool University Press, 1997.

Sternbach, Robert “Coleridge, Joan of Arc, and the Idea of Progress”, ELH, Vol. 46, No. 2 (Summer, 1979), pp. 248-26, published by: Johns Hopkins University Press.
http://www.jstor.org/stable/2872614?seq=1#page_scan_tab_contents


Nazione: Inghilterra

Parole chiave

  • Poetry, Robert Southey
Illustrazione di Sir John Gilbert per Joan of Arc di Robert Southey.
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc2.ark:/13960/t7qn69d3m;view=1up;seq=30